Filippo Borella: c’è un gallerista importante a cui potrebbero piacere i tuoi lavori. Si chiama Lino Baldini. E’ uno che lancia i giovani artisti. Ma io c’ho litigato. Se vai non fare il mio nome.
Davide: “Se tu mi dai un pugno, io posso prendermela con te come causa del mio male, oppure posso prendermela con tuo padre che ti ha educato male. Ma a tuo padre è stato insegnato a comportarsi così da suo padre. Allora devo prendermela con tuo nonno, anzi con il tuo bisnonno eccetera. Se andiamo all’infinito, la causa di tutto noi la chiamiamo Dio. La bestemmia implica una consapevolezza cosmologica superiore a quella cattolica fondata sul libero arbitrio. Chi bestemmia è più buono, perché non se la prende con il prossimo. Solo chi bestemmia può amare il proprio nemico.”
Moglie di Lino: “No, Lino, stavolta ci denunciano.”
Lino: “E’ interessante. Nessuno ha mai fatto una mostra di bestemmie. E poi è vero.
Vieni alle altre inaugurazioni e ne parliamo meglio”.
Come diceva Pascal: la migliore arte contemporanea si burla dell’arte contemporanea.
Finita l’inaugurazione di qualcuno, si va tutti a cena.
“Piacere, Davide.”
“Piacere, Michele, Roberta, Giuseppe, Lorenzo, Daniela.”
“Di cosa parlano questi accanto?”
“Di arte contemporanea.”
“Possiamo parlare di Jenna Jameson?”
“Meglio Mia Malkova.”
“Recentemente ho scoperto Asa Akira.”
“Come no.”
(Ndr per boomer e gen z: sono tutte pornostar.)
Io e Lino non abbiamo più parlato della mostra della bestemmia. L’abbiamo fatta.
Lino: “L’altro giorno, uno ha sputato sulla vetrina della galleria. Oggi mi i hanno scritto questa email: ‘La prego di non inviarmi mai più alcuna comunicazione relativa al signor Davide Valenti.'”
Davide: “Mandamela che me la incornicio.”
Un giorno, a Piacenza, sono comparse delle affissioni giganti, che pubblicizzavano la Mafia. I giornali sono impazziti. Poi si è scoperto che era un’operazione artistica legata alla galleria Placentia Arte.
Lino: “E’ venuta la polizia e sono stato tutto il giorno in questura. Stiamo andando alla grande!”
Cento cittadini piacentini e Milanesi hanno i miei multipli della pubblicità della mafia.
Sincronicità.
Stavo guidando a Milano all’altezza di Piazza Maciachini.
Squilla il telefono: “Scuola primaria Clericetti. E’ disponibile per una supplenza di una settimana?”
No, basta sto lavoro di merda. Voglio fare l’artista, a costo di morire di fame: “No, grazie.”
“E’ già in servizio in un’altra scuola?”
“No, guardi, sono libero ma non mi interessa, grazie.”
Chiudo.
Risquilla il telefono.
Ora li mando affanculo.
“Pronto.”
Lino: “Pronto, Davide! Abbiamo venduto un’opera. Domani ti porto mille e cinquecento euro!”
Più cresco, più mi sento solo.
Andare ad Arte Fiera a Bologna mi faceva venire voglia di creare tutto quello che mancava.
Prima di conoscere Lino, andavo con conoscenti che avevano i biglietti gratis.
Dopo, ci sono sempre andato solo con lui.
Praga. Lino ha portato i suoi artisti alla biennale.
Mentre passeggiamo, qualcuno mi dice: “Perché io devo pagare l’albergo e tu no? Cosa sei il cocco di Lino?”
Bucarest. Mentre noi sfigati ci ubriacavamo, lui si trasformava in Celentano e ballava con tutte le donne presenti.
Una volta siamo andati insieme a Faenza col suo furgone.
Lungo il tragitto di andata e ritorno ha voluto che gli spiegassi tutta la storia della filosofia, da Talete ad Heidegger.
Un gallerista mi ha detto: “Ho comprato le tue opere perché si diceva che tu eri il nuovo Cattelan.”
Non ho il minimo dubbio su chi abbia messo in giro quella voce.
Dopo la mia svolta spirituale non ci siamo visti per qualche anno.
Una sera l’ho incontrato a una mostra: “hai voluto uscire dall’arte contemporanea e ci sei riuscito benissimo.”
Non era un complimento.
Anche la preoccupazione di mio padre è sempre stata quella che mollo sempre tutto.
Pensa a un film western in cui Clint Eastwood ha un amico.
Non diranno mai di essere amici. Non sono mica delle fighette.
“Ciao Lino, io ti seguo sempre.”
“Ciao Davide, stai facendo una cosa bellissima con la filosofia di strada. Di questo c’è bisogno.”
“Sto scrivendo questi racconti sulle persone importanti della mia vita. Ne scriverò uno su di te.”
“Avvisami quando lo scrivi. Ne abbiamo passate tante insieme.”