Ci sono due mani che scrivono sulla tastiera di un computer.
C’è un pensiero di una persona che sta scrivendo qualcosa su una tastiera.
Una persona con un’identità chiamata Davide Valenti.
Questa persona crede tante cose.
Questa persona crede di essere Davide Valenti e che gli è stato commissionato un racconto su Dio.
Sta provando a scrivere questo racconto, ma incontra una difficoltà: Dio è una cosa troppo generale per scriverci un racconto. Chi è il protagonista? Che cos’è Dio?
Pensa che è difficile scrivere su Dio perché non si sa di cosa si sta parlando.
Pensa di scrivere su qualcosa di cui non si sa nulla.
Bisogna trovare un protagonista.
Ma sorge un altro pensiero: il concetto di Dio è così grande da fargli pensare che scrivere un racconto è una cosa totalmente inutile. Di fronte all’infinito e alla mancanza di qualsiasi punto di riferimento, di fronte alla mancanza anche di sé stesso come identità, perché anche lui si perde in Dio ed è solo una percezione di qualcuno che forse non esiste, lo scrittore stesso non esiste perché Dio lo cancella.
È un grande teatro. La filosofia stessa è inutile.
Non c’è qualcosa che possa sopravvivere al pensiero di Dio.
Tutto smette di avere senso. L’unico senso è Dio. E non significa nulla.